Nello studio di Rinaldo Geleng, artista e grande amico di Federico Fellini

A pochi metri dalla Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, in una strada in salita su via di Capo le Case, una grande finestra spalancata accoglie, oltre alla luce esterna, chi entra nello studio di Rinaldo Geleng, pittore, ma soprattutto grande ritrattista. E’ il suo quartier generale.

I suoi ritratti a personaggi noti, pubblicati nelle varie riviste, sono geniali. Geleng non sapeva solo dare la forma a una persona. Non faceva il semplice ritratto fotografico, ben dettagliato e per niente artistico, un esercizio di tecnica, ovvero una fototessera a colori. Il maestro dava la vita ai suoi dipinti, cogliendo il carattere della persona che esprimeva con delle semplici pennellate ad olio su una tela. Rinaldo Geleng, per questo, era un genio.

Rinaldo Geleng e Federico Fellini

Il maestro Geleng non era diventato famoso per essere stato il miglior amico di Federico Fellini. I suoi quadri bastavano per esprimere l’enorme talento.

Il regista ed il pittore si erano conosciuti alla fine degli anni trenta, nella redazione del giornale Marc’ Aurelio, dove entrambi collaboravano. Poi Geleng aveva realizzato tutte le opere di pittura per la maggior parte dei film girati da Fellini: Casanova, Amarcord, E la nave. Aveva dipinto una serie di ritratti, sia di Federico che di Giulietta Masina. Da sempre amici fraterni, dal primo giorno che si erano conosciuti. Fino alla morte.

Entro curiosa nello studio del maestro. Volevo un suo ritratto, è vero, ma poi mi sarebbe piaciuto conoscere, oltre alla pittura, la testa dell’artista che sapeva esprimere tanta meraviglia. Geleng mi apre la porta e mi fa accomodare. Lo studio è inondato, oltre che dal sole, dai profumi dei colori ad olio e della trementina. Tele ovunque. Nel centro di una delle due stanze, un enorme cavalletto. L’appartamento era però molto pulito nel suo disordine artistico. I pennelli, le cornici e i ritratti creavano un’atmosfera quasi antica,  simile a quella dello studio del pittore Basil Hallward, descritta da Oscar Wilde nel Ritratto di Dorian Gray,

Mi fa entrare nella stanza più grande, squadrandomi severo. Aveva una benda nera ad un occhio, ma quello sano era come un faro illuminato. Mi chiede il motivo della visita.

“Sarei interessata ad un suo ritratto”- gli confesso di getto. Mi guarda diretto negli occhi e, con una frase assai più diretta, mi dice:” Non te lo puoi permettere!”

Rimango un po’ sconcertata per la prontezza nel rispondere. Soprattutto dalla sua schiettezza, per niente offensiva. Era stato semplicemente sincero. Dopo attimi che sto in piedi, tolto il pensiero, mi accoglie come se mi conoscesse da tanti anni. Un fiume in piena. E questo perché gli svelo che per hobby dipingo e che ho fatto diverse mostre.

Ritratto a Fellini

Mi racconta dell’incidente all’occhio che lo aveva distrutto psicologicamente, ma che era riuscito a proseguire con la sua arte. Che a scuola gli insegnanti non avevano intuito il suo talento nella pittura. Mi invita a vedere tutto lo studio. Una stanza dove fa posare le modelle. Dei ritratti di personaggi famosi. Tira fuori da una stanzetta il dipinto dell’imprenditore Gardini, ben vestito e sorridente. Mi dice che i suoi quadri costavano molto, all’epoca c’erano ancora le lire, e, per un ritratto, poteva anche chiedere cento milioni. Poi capisco il perché. Oltre a Fellini e la Masina, la sua galleria dei volti noti comprendeva: Alberto Sordi, Gianni Agnelli e donna Marella, Papa Giovanni Paolo II, (penso che a lui l’abbia regalato), Sofia Loren, Silvio Berlusconi, l’ex moglie e la mamma Rosa.

No, non avrei mai avuto l’onore di essere ritratta da lui. Ma quello della sua amicizia sì. Cominciano così le nostre chiacchierate, di solito di venerdì, nel primo pomeriggio. Con un ”non te lo puoi permettere” era nata un’amicizia. Mi racconta commosso di quando andava in ospedale ad assistere un Fellini morente, con il dolore ancora dentro mentre lo ricordava. Di tutte le vicissitudini avute insieme nel periodo della dolce vita. E’ curioso di vedere cosa dipingo. Gli propongo di portare i miei disegni.

Cominciai a passare nel suo studio diverse volte. Una di queste incontrai sua nipote, una ragazza esile e raffinata. Poi i racconti dettagliati e quelli più vaghi dei tempi d’oro della dolce vita. Si intuiva che, da giovane, avesse avuto molte donne famose. Solo che, nonostante le mie richieste di sapere chi fossero, non ne ha mai voluto rivelare l’identità. Un gentleman. Raccontava molto delle dive di allora però, le conosceva quasi tutte e delle persone importanti che aveva incontrato. Ogni storia era diversa. Ogni due, tre racconti citava l’amico Fellini. I loro viaggi, l’ Oscar.

Arrivò anche il giorno fatidico della visione dei miei disegni. Glieli consegno. Nel primo dipinto, quello ad olio, mi dice che trovava una mancanza di luce proveniente da sinistra, spiegandomi dell’importanza della luce nei quadri. “E’ la luce che dà la vita”- afferma. Prende poi un carboncino e ci disegna su, dove secondo lui, mancavano i riflessi.

Poi afferra veloce i miei acquerelli e li guarda con attenzione in silenzio. Per un po’. Sfogliandoli a lungo. Li riguarda. Alla fine se ne esce con un: ”dipingi in maniera moderna”. Non capii bene cosa intendesse esattamente con quel “moderno”, pur essendo felice per il suo commento. Con slancio gli dico: ”se vuole, uno ne può prendere”. Sceglie un paesaggio, una vista da lontano su Recanati, il paese che ha dato i natali a Leopardi. Lo mette sul tavolo. Poi va in un’altra stanza e torna con una stampa fatta da lui, forse un’acquaforte, e sopra ci scrive una dedica. Rappresenta una donna. A lui piace molto quel disegno perché è riuscito a rappresentare una figura, quella femminile, con dei semplici tratti.  Poche linee per illustrare l’intera persona. Accetto il regalo con gioia, una gioia che aumenta sempre più quando leggo quello che mi ci scrive sopra: ”Per Nicoletta compagna di viaggio”, R. Geleng.

Disegno con dedica:”Per Nicoletta compagna di viaggio”, R. Geleng

Un grande maestro come lui, con umiltà, mi aveva definita: ”compagna di viaggio”.

Nel 2003 Rinaldo Geleng ci ha lasciato. Conservo ancora gelosamente quel disegno con affetto e con orgoglio, l’opera di uno dei più grandi ritrattisti contemporanei. Ed è per questo che lo voglio condividere. Assieme alla sua dedica.

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Nicoletta Maggi è interprete simultanea e giornalista. Risiede nelle Marche, ma lavora da molti anni a Roma come addetto stampa. Ha lavorato in Inghilterra e in Germania.