Mostre d’arte a Londra: l’autolesionismo ‘spirituale’ di Marina Abramović vs l’autoritratto di David Hockney. E quel dipinto misterioso del Boldini

Marina Abramović e autoritratto di David Hockney

Londra fine dicembre 2023. Due le mostre assolutamente imperdibili. Quella dell’artista autolesionista serba naturalizzata statunitense Marina Abramović egregiamente sbandierata dalla Royal Academy of Arts. E l’altra più sobria e strutturata sull’autoritratto di David Hockney, pittore, incisore, sceneggiatore britannico alla National Portrait Gallery.

Per quanto riguarda la prima, ne avremmo fatto volentieri a meno. Si conoscono già da tempo i contenuti e le astute esibizioni provocatorie di Marina Abramović. Il suo programma ampliamente diffuso dai maggiori media internazionali. Visto però che una galleria autorevole come la Royal Academy of Arts decida di investire su quest’artista nel periodo più importante dell’anno per quanto riguarda le esibizioni e divulgare su tutti i suoi canali social la sua mostra con lo slogan:” Have you had your Marina moment?”, (Hai avuto il tuo momento Marina?) persuade a partecipare.

Marina Abramović

ll tutto poi magistralmente propagandato dai più autorevoli quotidiani britannici. Il dubbio di non essere stati all’altezza nella comprensione della così detta genialità di Marina Abramović serpeggia dietro l’angolo. Magari non si è stati in grado di soppesare la grandezza di questa donna pioniera della “performance art che con il suo lavoro esplora le relazioni tra l’artista e il pubblico, e il contrasto tra i limiti del corpo e le possibilità della mente”. Consci dei nostri limiti ed assaliti da insicurezze si decide di vedere la mostra.

È il 30 dicembre e Londra, seppur infiocchettata con le sue superlative luminarie, è avvolta da una cortina di pioggia minuta. Talmente belle le luci e l’atmosfera che nessuno pensa al clima.

Una fila spaventosa di giovani in attesa di entrare alla Royal Academy of Arts a Piccadilly nonostante il costo elevato del biglietto d’ingresso. L’età media dei partecipanti sui 25 anni. Primo successo della Abramović è l’aver saputo attirare in un museo così tanti ragazzi. Un plauso alla Royal Academy of Arts che puntando tutto su di lei ha previsto l’enorme introito da incassare. Un’eccelsa operazione di marketing.

Marina Abramović, sostenitrice del lavoro che esplora le relazioni tra artista e il pubblico, non è presente tra i visitatori come si poteva immaginare. Considerati i suoi cospicui compensi meglio spiaggiare altrove durante le vacanze natalizie che “esplorare relazioni…”.

Fin dalla prima sala incise alle pareti campeggiano le sue frasi celebri.  “THE SPIRIT IN ANY CONDITION DOES NOT BURN”, (Lo spirito in qualsiasi condizione non brucia). Si sente un po’ Gandhi e un po’ il Dalai Lama. Poi si passa alla visione di pannelli digitali alle pareti a cui affida le sue numerose esibizioni. Dei video che ripercorrono le sue eccentricità.

È la volta di quello del marzo del 2010 dal titolo L’artista è presente, in cui si invitavano i visitatori a sedere di fronte a lei in silenzio per tutto il tempo che desideravano senza limiti al MoMA di New York. Poi una serie di altri pannelli digitali con il suo volto in diverse espressioni. Di seguito la spiegazione di quanto l’audience sia importante per lei in quanto la relazione tra arte, artista e visitatore crea un flusso d’energia, creazione vitale delle sue performance. “I cannot do anything without an audience, I need their energy”. (Non posso fare niente senza un’audience, ho bisogno della sua energia) – dichiara. Esplora il bisogno umano per la connessione. Peccato però che della sua persona alla mostra non vi sia traccia.

Marina Abramović simula la crocifissione in pannello digitale

Appaiono di seguito dei riquadri con foto di lei simil-crocifissa e con una corda al collo appesa a un tubo. (Si paragona a Gesù?). Poi con un cerotto sul naso mentre viene medicata. Seminuda con un coltello in mano mentre si infligge delle ferite. Con una pesante catena al collo quasi a strangolarsi. Un’altra nuda e sofferente con dei tagli e una collana con una specie di simbolo, forse massonico: un triangolo dentro a un cerchio. Di seguito, adagiata in una bara con sopra dei petali di rosa.

Pannello con immagine performance Marina Abramović

In una sala compare un tavolo, vero stavolta, lungo con degli oggetti sopra a una tovaglia. Un pannello con la scritta:” Ritmo 0 – Istruzioni – Ci sono 72 oggetti sul tavolo che uno può usare su di me come desidera. Performance: Io sono l’oggetto. Durante questo periodo mi prendo la piena responsabilità”. Sul tavolo tra i vari oggetti spicca una vecchia copia del Corriere della Sera del 13 dicembre del 2016. Sarà mai considerato il Corriere uno strumento di tortura?

Tavola con oggetti con cui interagire con lei. Una copia Corriere della Sera

Al centro di un’altra stanza una composizione formata da ossa umane. Racconta, in un cartello appeso alla parete, di essersi formata in una Jugoslavia comunista e di essere figlia di partigiani della Seconda guerra mondiale. Pertanto estremamente forgiata da una forte disciplina fisica e da una carente libertà di parola.

In uno dei suoi esperimenti Marina Abramović si chiude in una struttura lignea accesa dove si adagia al suo interno. Ovviamente il fumo sprigionato la fa sentir male e svenire. L’anno dopo altra esibizione: si fa incidere sull’addome la stella a cinque punte simbolo dell’ideologia comunista. In onore di suo padre scomparso si fa fotografare su un cavallo bianco mentre viene suonato l’inno nazionale jugoslavo.

Ogni tanto ripropone la litania della ricerca dell’energia dell’universo. La scopre tramite l’autolesionismo che rivolge su se stessa e riceve dall’audience. In un pannello delle ossa umane vengono lavate con dell’acqua e sapone. Davvero brutto da ammirare.

I giovani partecipanti, curiosi, scattano foto col cellulare. Proibito dalla sicurezza del museo fotografare una modella nuda distesa con sopra ossa umane.

Passaggio tra due corpi nudi

Si giunge poi al famoso ingresso dove per accedere alla sala successiva si deve passare attraverso due corpi nudi di un ragazzo e una ragazza molto vicini tra loro. Impossibile non strusciare i loro fisici immobili mentre si entra. L’artista vorrebbe mettere in imbarazzo il visitatore. Generare sensualità. Tutt’altro. Si sente compassione per quei due giovani platealmente impacciati. Devono racimolare qualche soldo quei poveretti e per questo mostrano la pudenda. Niente erotismo e nessun turbamento per chi passa.

I pannelli di Marina Abramović

Poi le provocazioni per raggiungere – secondo Abramović – “l’esplorazione dei limiti della coscienza. L’artista cerca di liberare lo spirito dal corpo e memoria cosciente attraverso estremi di movimento e vocalizzazione”.  Nei secoli scorsi molti si autoflagellavano per espiare i propri peccati. Lei lo fa per ritrovare l’energia dell’Universo. Marina Abramović è in relazione con la meditazione e la spiritualità e ci spiega come si raggiunge. Attraverso pratiche di immobilismo e concentrazione dell’energia. Presente, passato e futuro coesistono. Come natura, umanità e cosmo.

L’artista si definisce costantemente una spirituale. Sempre. In ogni descrizione di se stessa. Di essere un corpo spirituale. Di cercare di raggiungere la spiritualità. Crede solo nella spiritualità, non nella religione, che uno delle componenti di un capolavoro debba essere la spiritualità. La sua citazione:” Lo spirito in qualsiasi condizione non brucia”.

Opere di Marina Abramović

Alla fine della mostra si ha la nausea di tutta questa presunta falsa spiritualità. I veri spirituali mai hanno sbandierato di esserlo. Lei invece la ostenta ogni minuto, illuminata dall’universo, dalla natura, dal sole e dalla luna.

Quelli che si autodefiniscono spirituali altro non sono che semplici narcisisti all’ennesima potenza. Si sentono superiori a tutti in quanto conoscono l’energia dell’Universo. Illuminati. Presuntuosi con un ego smisurato che, in realtà, usano il prossimo per i propri scopi. Cinici narcisisti e basta. A loro servono gli altri per alimentare il proprio narcisismo. Nessuna empatia e rispetto.

Marina Abramović espone se stessa in ogni forma. Nei video, nelle foto, ovunque. Una semplice narcisista astuta.

La sua mostra non ci è piaciuta affatto. Bocciata. La fine, una liberazione. Un grande riconoscimento alla Royal Academy per l’operazione commerciale.

Il 31 dicembre, ultimo giorno dell’anno, verso l’ora di pranzo, è la volta della mostra del più famoso e strutturato artista moderno britannico David Hockney alla National Portrait Gallery. Primo elemento degno di nota, i partecipanti sono di età più matura. Meno giovani rispetto all’altra esibizione.

Autoritratto da giovane di David Hockney

David Hockney è un artista eclettico. Dietro di sé una vera preparazione pittorica.  Ha studiato disegno, pittura ad acquarello, a inchiostro fino alle tecniche più moderne di disegno tecnologico tramite l’iPad.

Realizza diversi autoritratti spesso con l’ausilio di uno specchio. Molto interessante notare come non abbia mai smesso di fare ricerche e sperimentare nuovi media. Gioca con tutte le tecniche pittoriche disponibili senza fermarsi mai alla medesima. Incuriosisce molto la sua avidità intellettuale. Ammira Rembrandt, i maestri del passato, ma ama allo stesso tempo Picasso.

Autoritratto David Hockney

Attraggono gli autoritratti realizzati con l’iPad. Negli anni ’80 utilizzava le Polaroid. Un uomo della sua età che poi ha usato le più sofisticate moderne tecnologie per giungere in seguito alla conclusione che sembra dare uno schiaffo all’incombente minaccia dell’intelligenza artificiale utilizzata anche nell’arte. Ovvero che:” l’occhio umano, la mano ed il cuore sono i mezzi migliori per catturare l’individualità di una persona ritratta”. Una grande lezione da vero artista.

La madre Laura, il padre e nello specchio il suo autoritratto

Oltre ai suoi autoritratti divertenti, ritrae spesso i suoi amici e, soprattutto, la madre Laura. Una donna tranquilla ma fortemente matriarcale, vegetariana e metodista, che lo supporta fin da piccolo. Rimane sempre la sua modella preferita, paziente e sempre pronta a posare per lui. Dai ritratti a sua madre, anche in pose semplici e quotidiane, si percepiscono non solo il grande affetto, anche un gran rispetto per il genere femminile. Per la donna in generale.

Ritratti di David Hokney

Questa sublimazione della donna ci rimanda ad un altro quadro visto sempre in dicembre, prima del viaggio per Londra. In un’abitazione privata raffinata e ricca di dipinti importanti, antichi e moderni, ad una festa di Natale.

Un ritratto di un’altra donna, altera e molto elegante. Sfuggente, di classe e sicura di sé. A ritrarla con “gli occhi umani, la mano ed il cuore” un pittore di un’altra epoca, di un altro luogo e di tutt’altra tecnica. Celebre per i dipinti di personaggi femminili, le sue donne, quelle di Giovanni Boldini.

Con il quadro di Giovanni Boldini
Informazioni su Nicoletta 100 articoli
Nicoletta Maggi è interprete simultanea e giornalista. Risiede nelle Marche, ma lavora da molti anni a Roma come addetto stampa. Ha lavorato in Inghilterra e in Germania.