Chi sono i giornalisti italiani che collaboravano in Italia con l’intelligence britannica fondata da Winston Churchill durante la guerra. Tra loro:” un ex capo redattore del Corriere della Sera e un ex capo redattore del Globo”

Alberto Tarchiani, Alberto Cianca

I FILE DECLASSIFICATI DEL GOVERNO BRITANNICO


Chissà mai se anche loro avessero firmato l’OSA, la legge britannica in vigore dal 1911 sulla protezione dei segreti di Stato e delle informazioni ufficiali. Quella alla quale a tutt’oggi devono aderire, al momento del reclutamento, tutti gli agenti dei servizi segreti di Sua Maestà. Una legislazione che prevedeva, durante la Seconda Guerra Mondiale, la pena capitale o la dura e lunga detenzione per gli agenti che avessero tradito i segreti di Stato.

Sono questi i giornalisti Italiani che, durante la guerra a partire dal 1943, collaboravano in Italia con l’intelligence britannica.

A rivelare di questa loro attiva partecipazione con i servizi inglesi, sono dei file declassificati del governo del Regno Unito, ma anche i diari degli agenti di Sua Maestà Giorgio VI operativi sul territorio italiano.

In Italia erano conosciuti come giornalisti affermati, intellettuali antifascisti per lunghi periodi in esilio, politici e qualcuno in seguito anche come diplomatico e poeta.

Per i servizi britannici, dei loro validi collaboratori. Non sappiamo però se agenti segreti assunti ufficialmente a tutti gli effetti o solo nelle liste dei collaboratori. Qualcuno riceveva uno stipendio.

In base ai loro racconti erano molto coraggiosi e combattevano in prima linea con il SOE, lo Special Operations Executive, L’Esecutivo per le operazioni speciali, quel nucleo dell’intelligence britannica creato dal Premier Winston Churchill nel 1940, a seguito dell’occupazione della Francia da parte dei tedeschi con il compito di “mettere a ferro e fuoco l’intera Europa”.

Il Premier Winston Churchill

Nel 1943 a capo della sezione del SOE in Italia era stato nominato il Tenente Colonnello Cecil Roseberry. La scuola per l’addestramento degli agenti SOE si trovava a Capri in un’area ben nascosta.

Al comando del gruppo definito ufficialmente Special Force, il Maggiore Malcolm Munthe, sempre del SOE operativo in Italia, un trentatreenne in Kilt dei Gordon Highlanders che nel 1940 era stato reclutato dal SOE per le operazioni in Scandinavia.

Sempre per il SOE aveva partecipato alla missione in Sicilia al seguito dell’Ottava armata britannica. Secondo le schede informative del SOE, era un uomo che non conosceva il significato della parola paura.

Nel gruppo del SOE formato dal Maggiore Munthe in Italia faceva parte un ufficiale, un certo Capitano Sylvester. Era il suo nome in codice. In realtà si trattava di un anglo-italiano con la nazionalità britannica che si chiamava Massimo, detto Max, Salvadori.

Max Salvadori, agente del SOE, un anglo-italiano figlio di un conte marchigiano

Max Salvadori Paleotti aveva il compito di reclutare italiani antifascisti visto che era in possesso di referenze di tutto rispetto. Nato a Londra da un conte marchigiano di Porto San Giorgio, Fermo, Max Salvadori era cresciuto a Firenze in una famiglia dalle idee apertamente liberali che non aveva mai nascosto la propria contrarietà al regime fascista.

Due sono i giornalisti italiani più importanti segnalati al SOE da Max Salvadori che viaggiavano col gruppo del Maggiore Munthe e che erano atterrati con lui fino a Salerno.

Gli inglesi parlano di:

“Alberto Tarchiani, ex capo redattore del giornale con sede a Milano Il Corriere della Sera, che era scappato in esilio nel 1925 e dal 1940 viveva negli Stati Uniti; e Alberto Cianca, ex capo redattore dell’influente rivista Il Mondo, che aveva trascorso anni di esilio in Francia come ‘guerriero della penna’ prima di fuggire attraverso l’Atlantico dopo la caduta di Parigi.

Alberto Tarchiani

Alberto Tarchiani era conosciuto in Italia come politico, giornalista e poeta. Attivo antifascista del gruppo Giustizia e Libertà. Secondo la Treccani:

Nacque a Roma il 1° novembre 1885, in una famiglia della media borghesia di origine toscana, figlio unico di Carlo Natale e di Ginevra De Sanctis.

Cresciuto in un contesto familiare di orientamenti mazziniani, si avvicinò precocemente al movimento liberale. Giovanissimo, iniziò la sua attività di giornalista al quotidiano Il Nuovo Giornale di Firenze, per poi passare a La Tribuna di Roma. In quegli stessi anni compì studi poco sistematici nelle Università di Roma e di Firenze.

Interessato alla letteratura e alla scrittura, frequentò il cenacolo letterario del caffè Sartoris a Roma, e fece parte del gruppo dei ‘poeti giovinetti’ raccolti intorno a Sergio Corazzini. Insieme a questo poeta romano, già gravemente ammalato (sarebbe morto nel 1907), nel 1906 Tarchiani scrisse la raccolta di versi Piccolo libro inutile, in cui dominano la vena decadente e il malinconico distacco propri del crepuscolarismo…

Nell’aprile del 1918, Tarchiani intervenne a Roma al Congresso delle nazionalità oppresse dall’Impero austro-ungarico, dove emerse un ventaglio di posizioni eterogenee in merito alla questione slava; egli sviluppò sin da allora un’attenzione prioritaria al problema di Trieste. In quell’occasione conobbe Luigi Albertini, il quale lo apprezzò tanto da chiamarlo a lavorare al Corriere della Sera, di cui era il direttore e anche uno dei maggiori azionisti. Nel 1919 Tarchiani entrò dunque a lavorare al quotidiano, e ne divenne caporedattore nel 1920, stabilendo un intenso sodalizio con Albertini, di cui condivideva gli ideali liberali, in una fase cruciale della presenza del giornale nella vita politica italiana…

Nel corso della guerra, Tarchiani fu tra i primi antifascisti esiliati negli Stati Uniti a tornare in Italia, spinto dall’esigenza di agire. Nel giugno del 1943, insieme ad Aldo Garosci, Cianca e Bruno Zevi, s’imbarcò sul transatlantico britannico Queen Mary, allora adibito a nave da trasporto per le truppe statunitensi dirette in Gran Bretagna; dopo un breve soggiorno in quel Paese, in agosto poté finalmente approdare in Italia, a Salerno. Nel gennaio del 1944 fece parte di un piccolo gruppo di volontari italiani che affiancò le truppe degli Alleati nello sbarco di Anzio, un’esperienza che nel 1947 avrebbe ricordato nel libro Il mio diario di Anzio[1].

Nessuna informazione sulla sua attività di 007 con il SOE. Nemmeno in altre biografie italiane.

Su Alberto Cianca che in Italia viene definito come politico e giornalista sempre sulla Treccani:

Alberto Cianca

Giornalista italiano (Roma 1884 – ivi 1966). Direttore del quotidiano democratico Il Mondo (facente capo a G. Amendola) nel periodo più grave dell’opposizione al fascismo, dopo la soppressione del giornale (1926) si rifugiò (1927) in Francia, dove, fu tra i fondatori (1929) del movimento di “Giustizia e Libertà”. Rientrato in Italia nel 1945, fu ministro senza portafoglio nel primo gabinetto Bonomi e deputato all’Assemblea costituente (1946). Eletto senatore della repubblica nel 1953 e nel 1958[2].

Anche su Alberto Cianca nessun riferimento all’intelligence britannica in base alle biografie ufficiali.

Entrambi vengono descritti dagli agenti inglesi come spericolati ed in prima linea nelle operazioni in Italia. Sempre al loro seguito.

Secondo i racconti del SOE, si uniscono anche altri giornalisti italiani al loro fianco operativi al fronte.

Gli inglesi scrivono:

“Nonostante i rischi, dalla fine di settembre Munthe e i suoi uomini poterono segnare dei successi e si poté notare uno sviluppo costante della missione. Due giorni dopo il terzo gruppo atterrò. Così un’altra parte sbarcò a Paestum che includeva quattro altri italiani che tornavano dall’esilio: Leo Valiani, Renato Pierleoni, Aldo Garosci e Dino Gentili”.

Pure Valiani un giornalista in esilio da Fiume e membro del gruppo Giustizia e Libertà.

Anche lui, secondo i file dell’intelligence britannica, grazie alla raccomandazione di Max Salvadori, lavorò per il SOE.

Monumento dedicato agli agenti del SOE

Gli altri citati nei file, tutti antifascisti, esiliati e fatti rimpatriare dai servizi britannici.

Vengono poi descritti nei vari documenti declassificati i successi di Munthe e dei suoi uomini, soprattutto di Tarchiani e Cianca:

“Nel frattempo, la missione di Munthe aveva iniziato a funzionare. Capri era stata liberata la domenica del 12 settembre e due giorni dopo Gallegos (un tenentecomandante di un’unità della Royal Navy incorporata nel SOE. ndr) e Munthe si imbarcarono per l’isola da un porto devastato di Salerno in un commando da sbarco accompagnati da Tarchiani e Cianca”.

“Da Capri notte dopo notte – ha ricordato Boutigny che era ora la scorta di Tarchianie Cianca – potemmo osservare i bombardieri sganciare i loro carichi di morte nell’area portuale…”

Capri

È Roseberry in persona, il comandante del SOE in Italia, che in una lettera a Salvadori parla degli italiani a loro vicini.

Gli scrive che:”…i nostri vecchi amici (Giustizia e Libertà) devono essere tenuti al seguito e incentivati. Al contrario il General Staff (lo Stato maggiore italiano, ndr.) ritiene che non ci sia spazio in Italia proprio ora per nient’altro eccetto l’azione militare e l’azione del nostro settore, condotte da personale militare fidato (non operativo naturalmente come militare). Sono sospettosi di tutti i movimenti politici e rivoluzionari e infatti uno dei loro primi decreti è stato quello per l’abolizione di tutti i partiti”.

Roseberry esprime la sua preoccupazione per l’apatia della popolazione del Nord Italia, tipica delle aree occupate dai tedeschi. Suggerisce che:”…per superare questa tendenza all’apatia il lavoro di G e L può essere di valore, e la presenza in Italia dei nostri amici come i due Alberti, Dino, Aldo e Leo (Cianca, Tarchiani, Gentili, Garosci e Valiani) può essere di grande importanza. Ti mando pertanto gli ultimi tre nominativi”.

Roseberry aggiunge che:”…voglio che tu fornisca loro ogni forma di assistenza possibile…”, “devono soggiornare alla testa di ponte…se si spostano, devono concordare una serie di indirizzi ove lasciare messaggi…”, “…gli diamo un set e un operatore radio…”, “se dovessero fallire, dovremmo trovare altri sistemi per comunicare con noi…”,  ” la loro attività principale sarà stimolare lo spirito della resistenza e incoraggiare quelli capaci fisicamente di condurre determinate operazioni…”.

Poi aggiunge:” È molto importante che noi, come organizzazione ufficiale, non apparissimo incoraggiare quelli che i militari amano chiamare ‘agitatori politici’, così dal momento del loro arrivo devono badare a se stessi e non avere contatti con il Dr Haan.

L’intelligence britannica nasconde il diretto coinvolgimento di questi uomini per non irritare l’Alto comando italiano sul ruolo politico conferito ad esiliati politici. Il SOE collaborava di nascosto con la Regia Marina, dal 1943 a seguito dell’armistizio, che fornì loro motosiluranti e gommoni per far sbarcare gli agenti britannici sulle spiagge italiane.

Continua:” Come puoi immaginare è difficile farli retrocedere dalla programmazione concreta… – e poi– bisogna esercitare una buona dose di tatto e discrezione. Considero questi elementi positivi ma devo fare attenzione che la nostra organizzazione non sia compromessa vis-a-vis con il Comando maggiore italiano”.

Anche da queste disposizioni si evince che i valorosi giornalisti potrebbero essere stati assoldati a tutti gli effetti dai servizi segreti britannici e che poi alla fine il comandante Roseberry, pur pensando al loro sostentamento, volesse nascondere la loro azione diretta. Salvadori dovette accettare a malincuore questa doppia strategia del SOE in Italia.

Dovrebbero essere stati tutti stipendiati dal SOE. Pierleoni, un meccanico di strumenti di precisione che aveva un’attività lucrosa con suo fratello a Mexico City al tempo del suo reclutamento, prendeva di sicuro uno stipendio. Secondo il SOE, sei mila Lire al mese sin dalla sua convocazione da parte di Salvadori.

“Durante l’intero servizio con noi – viene annotato in un file del SOE alla fine della guerra – si è dimostrato leale, onesto, eccezionalmente acuto e coraggioso”. Riceveva un’ indennità giornaliera di 200 Lire per i suoi servizi. Sempre secondo i loro dossier.

Le azioni di questi valorosi intellettuali italiani vengono descritte in tante altre pagine di documenti declassificati. Alberto Tarchiani partecipò anche alla messa in salvo di Benedetto Croce, assieme al SOE, dai tedeschi che volevano arrestarlo in quanto simbolo dell’antifascismo.

Targa dover era la sede centrale del SOE a Londra

Non sapremo mai se questi intellettuali/agenti segreti italiani dovettero aderire all’OSA, la terribile legge che spaventa gli agenti segreti britannici da più di un secolo. Jicky, Hazel Juvenal-Smith, fu una di loro e la sottoscrisse. Sempre rispettosa del suo giuramento, rivelò la sua vera identità solo da anziana e a pochissime persone fidate.

Resta però che questi giornalisti, coraggiosi collaboratori o effettivi 007, hanno rischiato la loro vita per la liberazione dell’Italia dal nazifascismo guadagnandosi la stima e il rispetto così ben descritti nei tanti file declassificati dell’intelligence britannica.


[1] https://www.treccani.it/enciclopedia/alberto-tarchiani_%28Dizionario-Biografico%29/ aggiornato al 21.7.2022.

[2] https://www.treccani.it/enciclopedia/alberto-cianca, aggiornato al 21.7.2022.

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Nicoletta Maggi è interprete simultanea e giornalista. Risiede nelle Marche, ma lavora da molti anni a Roma come addetto stampa. Ha lavorato in Inghilterra e in Germania.