Bob Geldof fa vibrare Roma con le poesie di Keats

“Love is my Religion”. Geldof recita le poesie del grande poeta romantico

Si intrufola agile e felino nella saletta della casa che un tempo fu di John Keats, ora diventata un museo, il Keats-Shelley House di Roma. La piccola stanza ha ancora il mobilio dell’epoca, quadri, librerie e libri dall’odore di storia. Lungo le pareti, una ventina di sedie o poche di più disposte a semi cerchio, tutte occupate da persone in attesa.

Il museo Keats-Shelley House a Roma

L’evento, tenuto quasi riservato, ha scatenato il “sold out” fin dalle prime ore dalla messa in vendita dei biglietti. Bob Geldof recita le poesie e le lettere d’amore di John Keats, il poeta inglese romantico geniale quanto sfortunato. La tubercolosi lo ha portato via a soli venticinque anni nel febbraio del 1821, era nato a Londra nell’ottobre del 1795, e questa abitazione arrampicata sulla scalinata di Piazza di Spagna fu quella dove spirò.

La saletta del museo

Sono le 18 in punto di giovedì 11 aprile. Fuori ogni tanto uno scroscio d’acqua, ma quando appare Bob Geldof, non si sentono più né i bisbigli delle persone, né la potenza della pioggia. Sir Bob Geldof entra umile e un po’ emozionato. Eppure è il grande musicista irlandese famoso in tutto il mondo per essere stato il frontman del gruppo rock Boomtown Rats. L’artefice di molte iniziative umanitarie contro la fame in Africa come Band Aid e Live Aid.

E’ l’autore della prefazione di un libro su Keats, “Love is My Religion”- Keats on Love. Un testo sulle poesie e sulle lettere d’amore pubblicato dalla Keats-Shelley House di Roma, edito da Duncan Wu. Nella biografia del libro fa scrivere:” Bob Geldof è un musicista e, al tempo stesso, fa altre cose. E’ nato in Irlanda nel 1951. Ama Yeats, Keats, Larkin. Elliot ed Auden, un po’ di Shelley, Blake, Dickinson, Whitman ed altri. Di recente ha scritto e presentato un film pluripremiato sulla vita di Yeats prodotto dalla BBC…ed è tutto qui”.

Il libro “Love is my Religion”
Keats on Love

Esordisce schermendosi: “un grande poeta come Keats letto da un irlandese!”- Poi prosegue – “le sue poesie lette da un cantante pop!” Sorride. Ha già conquistato la piccola platea con due frasi. Aggiunge altri aneddoti. “Stanotte non ho chiuso occhio. Forse per l’emozione di dover stare nella casa dove ha vissuto ed è morto John Keats. O forse per la confusione proveniente dalla scalinata”. Ironizza per non tradire la sua emozione visibile. Sempre col tono ironico racconta che prima di coricarsi aveva provato a leggere qualche poesia a sua moglie, che è francese, ma che quasi subito si era addormentata.

All’improvviso si fa serio e comincia a leggere la sua prefazione al libro, che ha come inizio la frase di Keats: “L’eccellenza di ogni arte è la sua intensità”.

Geldof legge la prefazione (foto Giorgio Guarnieri)

Bob Geldof la scrive appassionato ed in maniera semplice. Lontano dal linguaggio accademico e distaccato di molti professori e critici famosi. Ma per questo è così emozionante e moderno. Innovativo. Paragona la poesia di John Keats alla musica. “Keats è una musica sexy”. Perciò da secoli continua ad avere questo lascivo potere emotivo fatto di parole perfettamente bilanciate. Geldof parla della sua sensualità che sembra scrittura su carta intrisa di steroide. E che, anche di recente, alcuni suoi versi bisbigliati languidamente nelle orecchie di chi si desidera assicurano una serata lieta e memorabile. Keats è moderno e contemporaneo nonostante i secoli trascorsi. Pochi hanno capito come lui cosa sia l’amore. Come appaia, come odori e come si senta. E che sappia tramutare magnificamente delle emozioni così intangibili in parole magiche. Soltanto l’amore, secondo Keats, rende l’uomo essenziale e trascendentale. Solo Keats sa raffigurare il turbamento interiore dell’amore sublime e la confusione dei sensi per trasferirli fedelmente sulla pagina di un libro.

Geldof è contrario alla visione data a John Keats di esteta sensibile di molti giovani del ventesimo e ventunesimo secolo. Una gioventù maledetta è un cliché potente nel rock ‘n roll. E per questo Keats è contemporaneo e rock. Sensibile, problematico, bello e dannato. Anche lui ha fatto parte di un movimento giovanile rivoluzionario. L’atmosfera politica e sociale era considerata brutale e repressiva dai suoi contemporanei in un sistema organizzato e controllato dagli adulti che negavano la modernità ed il futuro.

A questo punto torna al presente con un paragone con la Brexit. “L’ottanta per cento dei giovani britannici non la vuole. Eppure è questo che si sta facendo ora in Inghilterra”. Come lo è per molti oggi, lo scopo di Keats era quello di svegliare nell’Uomo la sua più alta natura spirituale. La crudele politica della Ragione può essere superata lavorando sulla natura interiore delle emozioni per raggiungere l’immortalità. Per Keats questo poteva essere realizzato attraverso l’Amore che per lui era l’essenza dell’Uomo e del sacro. Per questi motivi per Keats: “Love is my religion – I could die for that – I could die for you”, l’amore è la mia religione. Non aveva Dio, ma l’amore. Questo è quello che scrive nella prefazione al libro.

Bob Geldof incontra i partecipanti

Geldof parla del poeta come se lo conoscesse. “Non si sentiva bello. Era piccolo di statura. Non era ricco. I suoi libri non erano molto venduti. Di certo frustrato. Era malato e sapeva che la sua vita non sarebbe stata lunga. Amava una donna, Fanny Brawne senza riuscire a realizzare il suo sogno. Non aveva ancora capito che mettere troppo su un piedistallo la donna che si ama, può essere controproducente”- sorride sornione. “Eppure John Keats era così rock”.

E’ bastata l’introduzione al libro per capire la profonda conoscenza della poesia e della letteratura di questo “cantante pop”, come si era definito all’inizio.

Geldof incontra il pubblico

Fuori piove ma lui non si scompone. “Tanto sono irlandese, sono abituato”. Inizia così la lettura delle poesie dell’autore. Ne spiega il contenuto, le legge e ci mescola dei fatti attuali. Parla di come sia difficile scrivere. “A volte quando scrivo una canzone, impiego poco tempo, mi viene di getto. Altre invece fatico di più, non trovo l’ispirazione e sto sveglio di notte” – confessa a cuore aperto. “Bisognerebbe fare come Yeats. Per lui era un lavoro con degli orari definiti. Dalle nove del mattino fino ad una certa ora. Come un impiegato. Solo che l’impiegato ha la sicurezza di essere pagato. Il poeta o lo scrittore no invece”.

Inizia a leggere le poesie. E’ in piedi, a testa bassa in una nuvola di capelli brizzolati. Indossa un abito elegante – e rock allo stesso tempo-  a scacchi marroni con sotto una camicia a righe blu e marroni.  Legge i fogli illuminati da una piccola lampada. La sala è piccola e sembra quasi di passare una serata tra amici. Di tutte le età, anche dei ragazzi. Legge i versi in maniera semplice senza atteggiarsi come fanno tanti attori di professione che fissano il vuoto scandendo le rime con una mano sollevata a disegnare l’aria. Concentrati nella declamazione. Lui no è diverso. Legge le poesie come fossero musica. La sua voce diventa un suono. La alza e la abbassa. La modula. Il tutto in maniera naturale come suonasse un violino. Con disinvoltura come fosse la normalità.

Geldof conversa con gli ascoltatori

La gente è sempre più ammutolita. Non stacca lo sguardo da lui che emette quel suono. Rimane presa come da un incantesimo. Gli occhi diventano lucidi, qualcuno si commuove. Con quella musica Geldof ha ipnotizzato e fatto vibrare l’atmosfera. La stanza vibra, la casa vibra.

Racconta di come il suo amico Van Morrison, ma anche Bob Dylan, abbiano preso in prestito le parole di Keats nelle loro canzoni. Indica quali. Legge la poesia che parla della paura del giovane Keats, Quando ho paura che possa cessare di essere. Del resto, anche se un genio, quando scriveva aveva solo 19/20 anni.

Poi legge All’autunno. Che corrisponde a quel periodo della vita che precede la vecchiaia, che è l’inverno. “Stagione di nebbie e morbida abbondanza, Tu intima amica del sole al suo culmine…”

E’ la volta di Lamia, il poema del 1819 sulla donna serpente, figura del male e della seduzione anche lei dalla fine tragica. “La sua gola era di serpente, ma le parole ch’essa dicea venian, come traverso gorgogliante miele, spinte da Amore…” Qui si sofferma e confida: “Mio padre che oggi non c’è più, il giorno del mio sessantesimo compleanno mi regalò un libro su Lamia”.

Geldof autografa libri

Poi avanti con altre poesie. Confida, come tra amici, che le sue preferite sono quelle melanconiche. “Mi piacciono quelle perché anch’io sono melanconico. Non come Churchill che aveva il black dog, il cane nero, ovvero la depressione. Ma una dose di malinconia l’ho sempre avuta”. Così si arriva alla sua preferita, Ode a un usignolo. “Il cuore si strugge e un’ottusità plumbea affligge i miei sensi, quasi, pieno di cicuta…”, “E non certo per invidia della tua razza felice, ma troppo felice nella tua felicità…”, “Nel buio ascolto io che spesso ho fatto quasi l’amore con la facile morte, l’ho chiamata coi versi più teneri della mia poesia…”, “Non sei mica nato per morire, tu, uccello immortale…” Keats qui presagisce la sua morte.

E’ la volta di Ode su un’urna greca, che è il simbolo dell’eternità di fronte alla finitezza dell’uomo. “…Oh forma attica! Posa leggiadra! Con un ricamo d’uomini e fanciulle nel marmo…come l’eternità tormenti e spezzi la nostra ragione…Quando l’età avrà devastato questa generazione, ancora tu ci sarai, eterna, tra nuovi dolori…”

Bob Geldof continua con la sua melodia. E’ il momento di un’altra delle sue poesie preferite, Ode alla melanconia. Di nuovo il sentimento che meglio descrive il suo carattere. “…Ella dimora insieme alla Bellezza – la Bellezza che deve morire; e con la Gioia, la cui mano è sempre sulle labbra pel bacio dell’addio…”, “…La tristezza della potenza tua, Malinconia, gusterà la sua anima fra i tuoi trofei nubilosi sospesa”.

Passa a una di quelle più famose, legge Fulgida stella. “Oh fossi come te, fulgida stella, costante – non sospeso in solitario splendore in alto nella notte…”, “…ma sempre costante ed immutabile posare il capo sul bel seno maturante del mio amore…”

Geldof mentre conversa con i partecipanti

A questo punto annuncia di voler leggere Questa mano viva, che ora è calda e capace. Keats la scrive tra novembre e dicembre del 1819. E’ dedicata alla sua amata Fanny Brawne. E’ perfettamente consapevole che la morte sta sopraggiungendo. Sono probabilmente i suoi ultimi versi. La voce di Geldof quasi si incrina. Nasconde il volto nella sua folta capigliatura senza riuscire a coprire l’emozione.  “Questa mano viva, che adesso è calda e capace di stringere forte potrebbe fredda nel ghiacciato silenzio della tomba, turbare i tuoi giorni e gelarti le notti piene di sogni così che tu vorresti prosciugare del sangue il tuo cuore per far scorrere nuovamente nelle mie vene la vita scarlatta, e avere finalmente coscienza tranquilla: ecco prendila, io la porgo a te”. Sollevando una mano termina i versi con difficoltà. Non riesce a nascondere la commozione. Geldof ha gli occhi lucidi ed arrossati. Da consumato intrattenitore qual è, fa finta di niente. Con un colpo di tosse ed un movimento del capo sistema la voce. Ora si passa alla lettura delle lettere d’amore a Fanny Brawne. Si rasserena di nuovo in un sorriso.

Geldof con i partecipanti

Gli spettatori sono felici benché anche loro con gli occhi velati di lacrime. Geldof ha fatto provare a tutti delle emozioni. Ora però la seduta è terminata. Si può scendere nel terrazzino per un aperitivo, delle foto con i fans ed autografi ai libri con la sua prefazione. Non si sottrae a nessuno. Conversa amabilmente con tutti, sempre umile. Mai un atteggiamento da spavalda rockstar. Poi di nuovo la pioggia. Ma a lui non interessa. E’ abituato, è un irlandese. E rimane fino all’ultimo fan. Sabato 13 Aprile ripeterà l’evento. E farà di nuovo vibrare la città.

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Nicoletta Maggi è interprete simultanea e giornalista. Risiede nelle Marche, ma lavora da molti anni a Roma come addetto stampa. Ha lavorato in Inghilterra e in Germania.